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recensione di Roberto Caselli

Bruce Conforth – Gayle Dean Warlow – Il Diavolo Probabilmente –

Il Saggiatore

Un altro libro su Robert Johnson? Si, però questa volta definitivo. Così almeno secondo le intenzioni degli autori de “Il diavolo probabilmente”, libera traduzione italiana de “Up Jumped The Devil”, titolo originale dell’opera.

Conforth e Warlow, di fatto, si presentano con delle ottime credenziali: oltre a essersi impegnati in lunghe e difficili ricerche sulle tracce di Johnson, hanno anche avuto il merito di avere sistematizzato alcune date fondamentali della sua vita, in particolare quelle di nascita (8 Marzo 1911) e di decesso (16 Agosto 1938), da sempre confuse e contestate dalle congetture dell’esperto di turno, che proprio Warlow ha dipanato trovando i documenti ufficiali nel Departiment of Health Vital Records dello Stato del Mississippi nel 1968. Un lavoro di certosina pazienza che nemmeno il folklorista Mack Mc Cormick, forse il più grande esperto di Robert Johnson, era riuscito a portare a termine. Complesse ricerche negli archivi delle Contee del Delta, lungo le quali Robert girovagava, hanno poi portato alla scoperta di certificati di residenza e di famiglia che hanno permesso di tracciare una mappa degli spostamenti del grande bluesman nei ventisette anni della sua vita. Non sono mancate le interviste a tutte le persone che gli sono state vicine, in particolare a Son House e Skip James che lo conobbero da ragazzino e suonaronosuccessivamente con lui, conversazioni che hanno permesso di desumere alcune linee caratteriali peculiari del personaggio che, a detta degli stessi autori, sono state riportate nel libro spogliate daquegli aspetti mitologici che da sempre circondano il “re del delta blues”. Insomma un lavoro che gli autori si decidono a pubblicare dopo un assemblaggio di notizie continuamente aggiornato in cinquant’anni di ricerche.

Il libro racconta dunque vita e spostamenti di Johnson, influenze musicali e aspetti caratteriali portando sempre piccole e grandi correzioni rispetto a quanto già si sapeva. Particolarmente interessante la narrazione dei suoi ultimi giorni su cui gravavano parecchie incertezze, finalmente fugate dopo le dichiarazioni raccolte da Honeyboy Edwards che in quei giorni suonava con lui. Anche Conforth e Warlow propendono ora per l’avvelenamento da parte un marito geloso. Di particolare interesse sono poi i commenti su ciascuna delle ventinove tracce registrate per la Vocalion tra il Novembre 1936 e il Giugno ’37 che risultano quasi sempre essere elaborazioni musicali di blues precedenti con variazioni sensibili anche del testo, che non di rado diventa completamente frutto della sua esperienza. Il suo più grande successo è Terraplane Blues che arriva a vendere qualcosa comediecimila copie, una hit per i tempi. I musicisti più giovani che hanno avuto la possibilità di accompagnarlo, gente come Johnny Shines, David “Honeyboy” Edwards e Robert Lockwood Jrconcordano tutti sull’eccezionalità di Johnson come musicista “che suonava la chitarra come fosse un pianoforte” perché sapeva riproporre da solo sia la fase solistica che quella di accompagnamento, senza bisogno di nessuno che lo aiutasse. Un personaggio particolarmente dotato, capace di riprodurre in modo perfetto, dopo un solo ascolto, qualsiasi melodia ascoltasse. Forse un orecchio assoluto che non si cimentava solo con il blues mache, come tutti i musicisti itineranti, doveva essere in grado di esaudire qualsiasi desiderio del pubblico, che poteva andare dalla hit del momento a un brano magari anche estraneo alla tradizione nera.

I numerosi libri usciti su Robert Johnson e in particolare il cofanetto Columbia, che ha riproposto tutti i suoi pezzi con tanto di alternate takes, ci avevano già dato molte informazioni nei suoi riguardi, ma con questo “Il diavolo probabilmente” si ha l’impressione di essere arrivati a un tale punto di scrupolosità chela conoscenza del grande bluesman di Hazlehurst non possaandare oltre.

Roberto Caselli